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Particles of truth (2003)


Scritto da: Jennifer Elster
Diretto da: Jennifer Elster


di: Mark Runyon
Tradotto da: Felicity
Redatto da: Marcy

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Lilly Black (Jennifer Elster) è un’artista che per la prima volta si appresta ad esporre le sue opere in una galleria. Ha eretto intorno a sé dei muri alti e rigidi, tenendo tutti a debita distanza, allo scopo di proteggersi dai sentimenti. E’ cresciuta con genitori drogati che abitualmente imbrogliano gli amici e rubano televisori ai vicini per racimolare le somme necessarie alla loro insaziabile abitudine. Lo sguardo di Lilly incrocia Morrison Wiley (Gale Harold), un batteriofobico che trascorre le sue giornate, rinchiuso nel suo SUV BMW, trascrivendo i pensieri degli estranei, che egli spia in tutta tranquillità dalla sua automobile-rifugio. Egli ha pubblicato un libro, che ha venduto bene, appropriatamente intitolato “Pensieri da un’automobile”.

Morrison non è affatto l’arrogante e spavaldo Brian Kinney. E’ timido, riservato e organizza la sua vita ovattata in maniera tale da non entrare in contatto con i germi, quindi con la gente. E’ bello constatare che Harold riesce ad esprimere il meglio di sé per impersonare un’altra vita sullo schermo.

La storia è incentrata su Lilly e Morrison, ma altri sei personaggi completano la scena, mostrando un’ampia varietà di neurosi che stimolano la curiosità dello spettatore. La compagna di stanza di Lilly è una ragazza, ossessionata dalla Bibbia, che le fa continue prediche sulla sua salvezza, dimenticandosi del suo ragazzo spregevole e violento. I genitori di Morrison conducono una vita mondana, che lo esclude, e tentano di giustificare la sua eccentricità con un inutile linguaggio psicologico. Infine, ci sono i genitori di Lilly, che compaiono maggiormente come flashback della sua infanzia. In queste immagini si vedono chiaramente il dolore e lo sgomento, che hanno caratterizzato la sua giovane vita.

Tornando al presente, troviamo il padre, che sta morendo lentamente di AIDS, e la madre, che è in uno stato confusionale dovuto all’uso prolungato e continuo di droga. Sembra una sarabanda di soggetti evasi da un reparto di psichiatria. Ogni soggetto ha seri problemi, che sembrano ingigantirsi quando interagisce con gli altri personaggi, attraverso l’arma dell’instabilità mentale. Negli otto personaggi vi sono otto bambini che reclamano amore a gran voce, ma non permettono a nessuno di avvicinarsi abbastanza da poterglielo dare. Non sembra esserci una vera e propria trama. Il film copre un periodo di due giorni. Il primo giorno sembra esserci una specie di preparazione, mentre il secondo giorno tutto precipita nel caos. I nostri protagonisti si incontrano e si innamorano l’uno dell’altro, goffamente, attraverso il romanzo di lui ed i gusti musicali di lei.

L’inizio del film ha una composizione molto artefatta e rischia di scoraggiare lo spettatore con la sensazione “ sono artefatta per il bene dell’artefatto”. Fortunatamente, esce fuori dall’imminente spirale emotiva, prima che lo spettatore cerchi una via di fuga…. Il film cerca di sviluppare i personaggi e portarli all’affermazione della loro esistenza su un piano di relativa sanità, ma il vero problema è che essi sono così inesorabilmente neurotici all’inizio del film che ogni passaggio non può che peggiorare la situazione. Probabilmente, ci dobbiamo accontentare di vederli inciampare sul loro cammino verso la salvezza, e siamo noi a dover decidere se devono continuare il cammino.

Il titolo si riferisce alla verità sulla vita dei personaggi. Ci sono solo piccole parti di verità che essi sono disposti a rivelarsi l’un l’altro ed altre verità nascoste che ognuno riesce ad accettare su se stesso. Il tema generale del film sembra essere le relazioni o, meglio ancora, l’incapacità di crearne. Ogni personaggio usa il metodo sbagliato per avvicinarsi agli altri e diventa pericolosamente frustrato, quando non riesce nell’approccio.
Tutto ciò ci conduce ad un incontenibile senso di isolamento che aleggia su questo film. I pochi momenti in cui il film sembra promettente, sono quelli in cui i personaggi cercano di sfondare la porta e stabilire una relazione. Sfortunatamente, non è la soluzione ideale, poiché a volte sembra una forzatura. In conclusione, questo film mostra una moltitudine di personaggi interessanti, sullo sfondo di una New York cupa, ma non riesce a sviluppare tutti i loro aspetti. Vi èun’enorme carica emotiva che non trova mai sfogo ed è collocata nel momento sbagliato. I passaggi più interessanti sono costituiti dalle sequenze di flashback, in cui vediamo la bambina cercare di sopravvivere nel caos, provocato dalla droga,che la circonda. Lilly dipinge le sue farfalle, cercando di volare via verso un’esistenza più felice.

Inoltre, è interessante vedere Gale Harold vestire panni diversi da quelli dell’universo QAF, benché non riesca ad attirare lo sguardo di alcun regista, a causa del suo ruolo marginale. In tutta onestà, questo copione non gli permette di sgranchirsi i suoi muscoli di attore. Ci sono alcuni momenti in cui Particles of Truth mostra delle buone possibilità, ma questi momenti sono troppo pochi e troppo dispersivi e non rendono questo lavoro degno dell’attesa.


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