31 gennaio 2010
di: Don Grigware
Fonte: grigwaretalkstheatre.blogspot.it
Tradotto da: Francesca
Redatto da: Marcy
GH: Lei disse qualcosa come, “Non puoi recitarla come se fosse una storia che hai sentito su un molo.” Per un attore che ha grandi aspettative, ti lascia spiazzato.
D: E’ chiaro che ti sei preso molto a cuore la preparazione di questo ruolo. Come attore, tu sei un buon ascoltatore, ma lo è anche Valentine. In che modo pensi che questa caratteristica si inserisca nel suo simbolismo? E’ una specie di guaritore?
GH: Non credo che Valentine ne sia consapevole. Anche se è un prostituto, è dovuto sopravvivere grazie alla sua arguzia ed al suo fascino, e grazie alle cose che ha imparato per la strada. Quando comunica, non penso sia cosciente dei risultati che ottiene. Penso sia il suo spirito a guidarlo. Ama ascoltare; è cresciuto tutto solo, senza famiglia. A volte sente cose che molte persone non sentono. Non è tanto ciò che trasmette la voce, ma ciò che comunicano gli occhi e i cuore. Come dice Stella (Adler) lui ascolta una voce, quello che l’anima comunica. Non è qualcosa che incontriamo sempre.
D: E’ una persona insolita. E’ più grande di quel che pensi.
GH: Questo è assolutamente vero. E’ un’allegoria. E’ un personaggio mitologico ed una persona reale. Non puoi essere entrambi se sei consapevole di essere entrambi. Ci vado molto leggero, perché non sono tanto sofisticato da sapere queste cose.
D: E’ una cosa molto complessa, e tu sei molto bravo. Qual è il motivetto che Val continua a cantare per tutta la commedia?
GH: E’ un poema scritto da Williams. Le parole di un poema… è diretto e semplice. Il significato… è una specie di country blues che parla di un uccello che può essere come non essere questo ragazzo che può essere come non essere l’uccello che una volta era libero. Quando camminava, in certo qual modo camminava sull’erba del Paradiso. Stava sulle stelle, e guardava le stelle e guardava il cielo, ed un giorno è caduto sulla Terra. Quando è nato, è uscito da sua madre, ma non era più se stesso ora che si trovava in un posto diverso. Penso sia un’immagine bellissima… tutta l’idea, dico.
D: Tu hai recitato il ruolo del Dr. Cuckrowicz in un’altra commedia di Williams, la produzione newyorkese di Suddenly Last Summer. Paragoneresti quel personaggio a Valentine?
GH: Mi è piaciuto molto quel ruolo. I due personaggi, anche se sono entrambi dei buoni ascoltatori, sono simili strutturalmente nel fatto che la loro funzione in entrambe le commedie è di ascoltare. Ascoltare i ricordi, le idee, le passioni. Ma sono incredibilmente diversi. Cuckrowicz è giovane, ambizioso in certo qual modo, ma ancora agli inizi, si occupa delle procedure di lobotomia, che era una cosa molto molto nuova. Non se ne sapeva molto. Era sperimentale, pericolosa. Il personaggio è molto più trattenuto, è più che altro nel mezzo dei due personaggi femminili. Valentine è molto più coinvolto. E’ in transizione, ed ha molti problemi per le cose che ha fatto e che deve affrontare. E’ sotto scrutinio, e viene messo in una situazione molto pericolosa. E’ una parte più attiva e lirica della storia. Le idee in Orpheus Descending sono molto più complicate. Nella nostra produzione, Lou Pepe (regista) ha fatto un lavoro fantastico. Quando prendi un grande mito e lo unisci ad una storia moderna, ottieni aspetti largamente diversi, ambiziosi e interessanti.
D: C’è un ruolo che desideri molto fare?
GH: Ce ne sono moltissimi. In realtà, non mi piace parlarne. Lascio che queste idee scivolino lì fuori.
D: C’è un ruolo che hai recitato che ti è rimasto in mente?
GH: Ce ne sono stati molti davvero belli, ma sto ancora aspettando quello… Valentine è probabilmente quello che li racchiude. Ci lavori dietro le quinte e ti cresce addosso. E’ come un fuoco.
D: Tu hai una bella voce. Hai fatto un musical? Vorresti farne uno?
GH: Non l’ho mai fatto. E’ tutto nuovo per me. Sono fuori dal mio habitat naturale.
D: Ti è piaciuto il tuo ruolo in Desperate Housewives?
GH: Mi è piaciuto. E’ stato qualcosa di molto differente e di molto nuovo per me. Il modo in cui Marc Cherry scrive, il modo in cui vede le cose… è stata una sfida. Non sono un comico, e non ho molta esperienza di commedie. In quel progetto c’è una linea sottile fra la commedia e il dramma. Le cose che sono divertenti non sono orripilanti, ma scioccanti o problematiche. C’è un’idea molto specifica delle cose e di come funziona. Ed io ho capito immediatamente che dovevo dire, “Marc, dimmi tu, dirigimi tu, perché io non sono sicuro di dove sono!” E’ stato divertente.
D: Ti senti più messo alla prova dal lavoro in teatro che dai film?
GH: In teatro, tu sali, fai una performance ogni sera, e ci sono cose che cambiano da sera a sera… il pubblico, il modo in cui rispondono, le vibrazioni che ti rimandano, o il modo in cui non rispondono, il tuo nervosismo, il divertimento di esser capace di lasciar scorrere tutto ogni sera. L’altro lato è la necessità di tenere alte le tue energie, e pulita la tua prospettiva. La sfida è assicurarti che tu reciti ogni scena come se fosse la prima volta tutte le volte. Dall’altra parte, io amo fare film e stare sul set. E c’è qualcosa che mi affascina molto nell’immedesimarmi in qualcosa che dura solo 18 giorni o per il tempo che ci lavori. Ciò che sembra banale ti mette alla prova. Io amo tutto. Se c’è un buon materiale, se le persone che ci lavorano sono motivate, hanno senso dell’umorismo e non hanno paura di spingersi in posti scomodi, allora non c’è niente di meglio.
D: Bene! Cosa ne pensi del successo di Queer as Folk? Perché è ancora così popolare anche nelle repliche?
GH: Rappresenta per molta gente qualcosa di nuovo, un modo per esprimere la propria voce. C’è una combinazione di… il modo in cui era l’originale (la versione inglese), c’è un po’ di anarchia: la vita è breve, non farti mettere in una scatola, non aver paura di fare scelte che non siano basate su idee di altri, rimani fedele alle cose in cui credi che siano belle o brutte, giuste o sbagliate. C’è un po’ dell’anima del sopravvissuto, come nel ruolo che interpretavo io. Quella ideologia era nell’originale, e in certo qual modo anche nella nostra versione, e in più c’è molto sesso. Ogni volta che c’è qualcosa con molto sesso, si avranno dei fan. E’ nella natura umana. La versione Americana aveva una specie di partito costruito al suo interno. Se puoi colpire nel segno, e renderlo divertente e rilevante, ma metterci ancora l’anima…
D: Quale credi sia la missione più importante di un attore?
GH: Oh Dio… spero sia quella… su qualche livello, quale che sia il lavoro, quale che sia la parte… di cercare di trovare la verità in quello che stai facendo. Una verità che non giudichi. E poi comunicarla così che sia credibile, anche se è una bugia, e che sia vera per ogni persona che guarda. Tutti conoscono tutti in certo qual modo. Tutti possiamo immaginare. Ed è per questo che l’arte, il dramma, sono così importanti, perché raccontano continuamente la nostra storia. Ci permettono di rivisitarla e riviverla attraverso di loro. Essere un cantastorie e portarle là fuori così che possano essere capite, avere un senso e fare il proprio lavoro.
D: C’è niente in vista per Gale Harold?
GH: Al momento è un po’ tutto campato in aria.
Basandomi sul fatto di aver visto quest’uomo in “Orpheus Descending”, e dall’aver parlato con lui, credo che il suo futuro non rimarrà campato in aria a lungo. E’ un attore serio che non ha paura di rischiare, e di rischiare grosso, e per questo è destinato alla gloria.
Traduzione a cura dello staff. Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione anche solo parziale di questo articolo è vietata previa autorizzazione degli amministratori, e comunque senza i dovuti crediti a gale-harold.it