15 aprile 2007
di: Christie Keith
Fonte: thebacklot.com
Tradotto da: Sonia
Redatto da: Marcy
Ma è probabile che questo stia per cambiare, se il regista gay Stephen Kijak (Cinemania, Never Met Picasso) e l’attore Gale Harold (Queer as Folk) hanno qualcosa da dire di lui.
Il mese scorso ho parlato con Kijak e Harold al South by Southwest Film Festival ad Austin, in Texas, dove si è tenuta la premiere per il Nord America del loro nuovo documentario sull’estremamente riservato genio musicale, “Scott Walker: 30 Century Man”. Harold era il produttore associato e uno dei suoi più antichi sostenitori.
Potete non aver mai sentito parlare di Scott Walker, ma siete probabilmente stati sotto il suo fascino, come minimo per sentito dire. Dopo aver voltato le spalle al panorama delle stelle del pop inglese negli anni ’60, quando all'apice della popolarità si è diviso dalla sua band, i Walker Brothers, ha iniziato una carriera solista che si è mossa sempre più profondamente nella sperimentazione e nell’oscurità. Lungo la strada, portò in voga il lavoro del cantante-compositore belga Jacques Brel ed influenzò vari artisti, incluso David Bowie (che è il produttore esecutivo del film), Brian Eno, Alison Goldfrapp, Sting, Dot Allison ed un lungo elenco di altri astri musicali, la maggior parte dei quali non ha acconsentito abbastanza velocemente ad essere intervistato per il documentario.
In un'intervista incentrata sulla musica che è durata più di un'ora, Kijak ha detto ad AfterElton.com, "Lessi una volta un articolo che diceva che Scott Walker è Judy Garland per i gay che sono cresciuti scrivendo poesie ed indossando dolcevita neri”. Rise, poi diventò più serio: "Scott è il punto di riferimento per vivere uno stile di vita alternativo. Lui è intransigente contro chiunque gli dica “questo è il modo in cui si suppone che sia”. Ha una visione di sé stesso, e la esprime attraverso la musica.
Il codice di Walker non solo è per musicisti, insiste Kijak. "Va bene per chiunque, in ogni obiettivo della vita che si pensa possa essere in qualche modo creativo – perfino la costruzione della nostra identità personale".
Kijak e Harold, senza il quale - dice Kijak - il film non sarebbe mai stato fatto, si sono incontrati la prima volta al Tribeca Film Festival a New York. I due uomini hanno scoperto di condividere l’apprezzamento su - alcuni potrebbero chiamarla ossessione per – Scott Walker, e Kijak disse ad Harold che sperava di fare un film sul musicista. “Lavoravo allora, avevo i soldi” disse Harold ad AfterElton.com. “Ho detto a Stephen che se fosse arrivato seriamente sul punto di fare il film, io ci sarei stato”.
I due uomini condividono più di un interesse per Scott Walker e la capacità di parlare di musica per un tempo apparentemente illimitato. Nelle interviste individuali, hanno frequentemente ripetuto l’uno i pensieri dell’altro, specialmente sul tema dell'alienazione che percepiscono nel lavoro di Walker e la relativa attinenza con la cultura gay. Durante l'intervista in un bar di Austin, come per quella di Kijak incentrata prevalentemente sulla musica, Harold descrisse gli artisti e i gay come chi condivide una sensibilità che si allontana dagli schemi prestabiliti, per questo non è sorpreso che il pubblico gay e gli artisti siano attratti da Walker.
“C’è una sensazione di alienazione molto forte nei lavori di Scott” ha detto. “Chiunque cresca con una forte necessità di creare, di esprimere artisticamente se stesso, sperimenta lo stesso senso di alienazione. Se sei un uomo omosessuale, ma non ti adatti al modello di Abercrombie e di Fitch, o se sei un uomo eterosessuale che non si adatta al modello di NASCAR – e quello sarà il culmine di tutto quello che è sbagliato nella cultura Americana, il giorno in cui Abercrombie e Fitch sponsorizzerà una squadra di NASCAR - senti quel senso di alienazione, l’essere un emarginato”.
Continua: “Quel divario nella nostra cultura, quello che esiste al di fuori di quella convenzionale, - quello è dove trovate gli artisti, i gay, tutti gli emarginati. “La cultura gay” è più grande di quello che pensa la maggior parte della gente”.
Gli artisti gay, ha detto, possono trovarsi ad avere a che fare con una doppia dose di alienazione culturale. Ha parlato dei suoi anni giovanili, nel corso dei quali ascoltava gli Smiths sdraiato sul suo letto, e fissava fuori dalla finestra. Ha confrontato l’enigmatico cantante solista e compositore del gruppo, Morrissey, a Walker e ha detto: “Pensate a quanto sia difficile per chiunque prendere una chitarra, diventare un qualsiasi tipo di artista, e superare gli ostacoli per esprimersi in quel senso. Ma a quello aggiungete l’essere gay e il dover scrivere le vostre canzoni con elaborate metafore e con strati di idee, perché non potete realmente dire quello che volete. Quello rende il lavoro molto più duro e quasi sempre migliore”.
Neanche Kijak lo ha trovato facile. “Non sono in sintonia con la maggioranza della cultura gay di serie A” ha detto, “ma poi ci sono molti “gay bizzarri” che sono fuori dalle convenzioni. Sento che l’alternativa alla quale appartengo non riguarda la sessualità; sono il vostro obiettivo artistico, il vostro punto di vista, le vostre credenze politiche, sociali e culturali, che vi contraddistinguono”.
Quella è la cultura gay? “Sicuramente” ha risposto. “A meno che non arrivi presto una parola migliore, quella è l’unica. Assolutamente. Tutto il mio mondo è stato vissuto ai limiti, esplorando le arti, la musica e la cultura veramente estreme. Quelle sono le cosa che mi accendono. Penso sia per questo che ammiro così tanto Scott. Dice che si sente come galleggiare fuori dalla cultura e dalle radici”.
Walker è intensamente, dolorosamente riservato sulla sua vita privata, e Kijak ha rispettato quella riservatezza mentre girava il documentario. Il fulcro di “30 Century Man” è la storia musicale di Walker, raccontata nelle avvincenti interviste con i giganti della musica mondiale, che hanno parlato con rispetto di Walker e della sua influenza. Non male per un uomo considerato quasi universalmente essere fondamentalmente fuori di testa.
“E’ molto serio e dedito a ciò che sta facendo, ma non è pazzo”, ha detto Kijak, che ha avuto un accesso senza precedenti allo studio di Walker durante la registrazione del suo album più recente, The Drift (2006). “Ad un certo punto, quando stavamo filmando una conversazione con lui e il suo collega David Sefton, David disse, “Sai, Scott, la maggior parte della gente si aspetta che tu stia per nasconderti in una caverna da qualche parte, e tu non lo fai. Tu sei una persona regolare che fa dischi irregolari”.
“Il pubblico può giudicare da sé”, ha detto Harold, che ha precisato, “Devi solo guardare il film, per sapere che Walker non è pazzo”.
Ci sono moltissime persone che ti diranno che Scott Walker è pazzo. Anche “Pretenzioso” e “auto-indulgente” sono parole che compaiono molto spesso. E per gli Americani che non conoscono Walker, potrebbe essere duro capire completamente il contesto in cui vive la sua musica, o la portata con la quale ruppe con le aspettative musicali della sua era.
Dalla produzione vorticosa di pop hits, incluse “Make it Easy on Yourself", composta da Burt Bacharach, e "The Sun Ain't Gonna Shine Anymore", al fenomenale lavoro sperimentale che ha realizzato negli ultimi due album, Walker ha portato gli ascoltatori in un viaggio che nessuno avrebbe previsto, e molti fans non hanno potuto capire.
“30 Century Man” ti porta in quel viaggio con una guida, e malgrado il suo soggetto iconoclastico, è lo stesso un film accessibile e ben strutturato. Ha ricevuto larghi consensi dalla critica, ed ha entusiasmato gli spettatori dei festival cinematografici in giro per il mondo. Indifferente al successo del film, Scott Walker, il musicista, comunque sarà duro da vendere.
Questo non è niente di nuovo per Walker. L’abile, cinico marketing dei talenti musicali non comincia o finisce con i Backstreet Boys più di quanto cambiare per comodità l’identità gay cominci o finisca con gli annunci di Abercrombie and Fitch. Ancor più oggi rispetto alla prima volta che ha voltato le spalle al successo convenzionale, il rifiuto di Walker di essere venduto - o perfino di essere vendibile – è straordinario.
“Quello è ciò che veramente mi ha ispirato di Scott”, ha detto Harold, “ha preso una decisione non per essere mercificato. Ha una vera visione artistica, e ha fatto la scelta per seguirla. Se n’è andato via non una, ma due volte dalla fama e dal successo commerciale per seguire la sua arte e la sua verità, alle sue condizioni. Per essere la persona che è”.
Kijak, il cui prossimo progetto è un film horror su un dormitorio infestato dagli spettri nell’East Village, disse proprio la stessa cosa, ma ha precisato che l’arte e la verità non pagano le fatture. “Ho fatto due documentari in fila che erano realmente a basso budget, e sono un uomo squattrinato”, ha detto ridendo. “Questi film mi hanno distrutto, così mi immagino a provare a fare qualcosa di un poco più convenzionale. E sono sicuro che Scott si vergognerebbe totalmente di me. Se seguissi il suo esempio, uscirei di scena e farei un altro documentario bizzarro. Ma non lo farò. Non sono così forte”.
Kijak ha trovato particolarmente duro trovare un mercato per il suo lavoro nella comunità gay: “Questo è il motivo per cui a volte mi sento così, in quale modo ti vendi? Come vendete voi stessi “ai gay” quando vi sentite esclusi da loro in qualche modo”?
Non che Kijak non abbia fatto un progetto gay. “Il mio primo film (il vincitore dell’Outfest Award “Never Met Picasso” nel 1996) è un film dimenticato” ha detto. “Abbiamo provato a venderlo al canale televisivo Here! Television, e la donna effettivamente mi ha detto: “Bene, non è realmente abbastanza gay per la nostra rete”. Ho detto “Lo avete realmente guardato? Probabilmente non potrebbe essere più gay”.Avete una lesbica, un capriccioso transessuale, Alexis Arquette, sveglia!, che rifiuta qualsiasi categorizzazione. Alvin Epstein, leggenda del teatro. Tutti gli attori. Craig Hickman. Non era abbastanza gay per i gay; era troppo gay per gli eterosessuali.
Visti gli ostacoli che Kijak ha affrontato, come un regista gay Americano, conosciuto relativamente, ha avuto accesso ad una delle figure più riservate nella musica? Non è stato facile, ha detto, riconoscendo quello che egli chiama la "reputazione alla Greta Garbo" di Walker, ma fu in realtà questo suo essere emarginato che gli diede sia un’intuizione che un limite.
“Penso che quello che hanno apprezzato era che non si trattasse dell'istituzione” ha detto. “Non era la BBC; non era britannico; era solo qualcuno che arriva e dice, “Proviamo a raccontare la storia di Scott Walker senza il fatto di aver conosciuto la sua fama negli anni '60, le ragazze urlanti, i Walker Brothers e quant'altro”. Così [Walker] dice, “questo è fantastico. Un giovane americano che guarda questa storia con una prospettiva diversa e fresca”. Quello li ha attratti. Ed è un appassionato di film pazzi e ha amato il mio ultimo film. Gli ho inviato Cinemania. E lui qualche volta sentiva un po' di affinità con quelle persone, e gli piaceva l'approccio compassionevole che adottammo nel mostrare quella gente ai limiti, i veri emarginati. Penso che in qualche maniera si sentisse uno di loro.